Oggi voglio parlarvi dei temutissimi curriculum vitae.
Non sono forse la persona più qualificata per elargire consigli su come redigere il curriculum perfetto. Al di là di alcune classiche regole di base, che penso conoscerete, non esiste infatti la ricetta giusta. Come tutte le buone ricette, però, gli ingredienti e il loro abbinamento sono però fondamentali. Quindi mettete sul tavolo tutto ciò che avete, in modo ordinato, esaustivo, cercando di essere convincenti e di destare interesse.
In questo post vi spiegherò invece cosa NON bisogna fare affinché il vostro CV non venga cestinato immediatamente. E per spiegarmi meglio, prenderò come esempio un curriculum che mi è passato tra le mani un paio di giorni fa. Si trattava di una candidatura per un posto come massaggiatore nell'azienda per cui lavoro.
Come saprete il curriculum va accompagnato da alcune righe di presentazione, ancora più importanti nel caso si decidesse di inviarlo via mail. La persona che deve valutarvi non vi conosce e non vi ha mai nemmeno visto in faccia, quindi…incuriositela.
Leggete però queste righe. Ho chiaramente omesso nome e cognome del diretto interessato, che chiameremo per comodità Gino Patata.
Salve sono Gino Patata.
Sono un massaggiatore professionista, operatore olistico e istruttore di ginnastica posturale.
Ho lavorato sempre in hotel a 4 e 5 stelle, in centri termali e in squadre di calcio.
Mi ritengo un professionista disposto a mettersi sempre in discussione e migliorarsi, per questo sono anche in continuo aggiornamento.
Sarebbe il traguardo per la mia vita umana ma soprattutto professionale poter entrare a far parte del Vostro staff e lavorare per Voi e von Voi.
Sicuro di una Vostra risposta vi auguro un buon lavoro.
Distinti saluti
Gino Patata
L'inizio non è il massimo. Gino Patata chiarisce la sua professione, collocandosi però su tre fronti ben distinti.
massaggiatore professionista, operatore olistico e istruttore di ginnastica posturale
Nonostante il settore benessere possa favorire varie specializzazioni, sono del parere che è meglio inquadrarsi chiaramente fin da subito. Gino Patata è più massaggiatore o istruttore di ginnastica? Era un istruttore che ha fatto un corso per massaggiatori oppure il contrario? Come vedete occorre individuare una strada e comunicarla con convinzione piuttosto che creare dubbi in merito alla propria professionalità.
Andiamo avanti.
Ho lavorato sempre in hotel a 4 e 5 stelle, in centri termali e in squadre di calcio.
Anche in questo caso, la frase di per sé significa tutto e niente. Da un lato, personalmente, mi indica che siamo in presenza di un professionista "vagabondo", che bazzica dall'hotel alla squadra di calcio senza intraprendere un percorso formativo unico. Magari mi sbaglio, ma se il dubbio è venuto a me, potrebbe venire anche al responsabile delle risorse umane, giusto?
Arriviamo quindi alle note dolenti. Fate attenzione.
Sarebbe il traguardo per la mia vita umana ma soprattutto professionale poter entrare a far parte del Vostro staff e lavorare per Voi e von Voi.
Brutto modo di esprimersi. Certo, il candidato non fa richiesta per un posto da copywriter o correttore di bozze. Non deve scrivere cartelle e cartelle di materiale grammaticalmente e ortograficamente corretto, ma il concetto di fondo è scritto male e la cosa incide comunque. Che quella professionale sia infatti l'alternativa alla sua vita umana fa sorridere. Non sapevo esistessero casi di vita extraterrestre o vegetale in grado di scrivere curriculum vitae.
Proseguiamo.
poter entrare a far parte del Vostro staff e lavorare per Voi e von Voi.
Vostro, Voi e Voi. Cara candidato, capisco l'atteggiamento referente, ma non ti stai rivolgendo a un'autorità e nemmeno a Papa Francesco. Il consiglio è di utilizzare sempre una giusta (e non eccessiva) formalità.
Ad esempio, l'intera frase potrebbe suonare meglio così:
Entrare a far parte del vostro staff sarebbe per me motivo di orgoglio, ma anche l'occasione per migliorarmi come uomo e come professionista.
Una tiratina d'orecchi anche per il fastidioso errore di battitura (von Voi). Capita anche a me di incorrere in errori di battitura, ma scrivendo migliaia di battute in poche ore può anche succedere ed è (generalmente) tollerato visto che poi si interviene a quattro mani (e occhi) e si corregge ove necessario. In questo caso si tratta di otto righe e non esistono possibilità di redenzione. Vanno rilette e controllate più volte perché una volta spedite rappresentano la vostra presentazione "ufficiale".
Nonostante tutto, ho deciso comunque di aprire il file allegato.
Mi sono imbattuto in vari errori, tra i quali:
- massaggitore anziché massaggiatore;
- Ho collaborato nelle estati 2009 e 2010 con l'hotel XYZ e con l’hotel ABC di 4 stelle su richiesta di massaggi come massaggiatore;
Dulcis in fundo, leggiamo le sue "motivazioni professionali".
Il mio obiettivo professionale è quello di raggiungere una conoscenza di trattamenti così ampia da poter essere preparato nelle varie situazione che mi si potranno presentare di fronte nella mia carriera lavorativa.
Mi dispiace per te, caro candidato, ma nelle varie situazione che ti si potranno presentare di fronte nelle tua carriera lavorativa non ci sarà la nostra azienda.
Scrittura Stonata
venerdì 18 ottobre 2013
giovedì 17 ottobre 2013
ALLO SPORTELLO. PAZIENZA IM…POSTA.
Sembrava una tranquilla mattina autunnale. Nemmeno tanto autunnale.
Temperatura gradevole, sole splendente, cielo quasi terso.
Proprio la giornata che ti fa pure canticchiare mentre sei in macchina.
Passo davanti all'ufficio postale del mio paese, butto un'occhiata dentro
e vedo che solo tre personcine sono in attesa di sbrigare le loro faccende.
Guardo l'orologio: 9 e 18.
Perfetto! È la mia occasione per pagare quel maledetto bollettino già scaduto.
Entro.
Ho il numero 33. Sui display mi segnalano che i tre sportelli aperti si stanno occupando del, 26, 27 e del 28. Mi accomodo e inizio a guardarmi intorno per ingannare l'attesa.
Noto una macchinetta del caffè nuova di zecca. Mi scappa una risatina. "Viste le code che si formano di solito dovranno riempirla continuamente", penso. Ma non è il giorno adatto per fare della becera ironia. Oggi è un giorno diverso, tra dieci minuti sarò fuori.
Comincio a notare però che al primo sportello le cose potrebbero andare per le lunghe.
Un cittadino, penso marocchino o tunisino dall'accento, non si esprime con più di una dozzina di parole di italiano.
L'impiegata occhialuta denota un certo nervosismo e in cuor suo cerca di non farglielo notare, ma il tono della voce e gli sguardi nervosi ai colleghi e a noi presenti dimostrano come non ci stia riuscendo molto bene.
Ecco il dialogo:
- Compila il modulo!
- No capito!
- Compila questo modulo.
- No capito!
- Scrivi i tuoi dati qui (indica)
- No conosco scrivere, scusa signora.
- E 'desso cosa fasso mi (sguardo ai colleghi). Ascolta, io non posso compilartelo, vedi quante persone ci sono dietro di te (almeno un'altra dozzina, nel frattempo).
- Scusa signora, aiuto signora, no scrivo tua lingua.
- Francoooo (nome fittizio), scusame va là, daghe na man a sta persona che mi go da ndar vanti co la gente.
E allora Franco il collega lascia la sua postazione e si va a sedere a uno sportello lontano, chiuso momentaneamente al pubblico. Va beh, mica potevano lasciare un cittadino bisognoso in balia degli eventi no? Nel frattempo noto però che la postazione del Franco viene subito occupata da un signore che in precedenza camminava nervoso nel backstage, osservando il lavoro dei tre impiegati. Ho pensato: "Che figo, il direttore in prima linea, allora non succede solo in Benvenuti al Sud! Giusto, bravo, dai il buon esempio". Ma il direttore, che altro non era che un tecnico CED in attesa di un momento libero per mettersi a lavorare, si siede, spegne il computer e inizia a cambiare una grossa scheda madre. Mannaggia, la postazione di Franchino sarà fuori uso per un po'. Ne rimangono due e nel frattempo la fila non si smuove.
Ma il Franco aprirà uno sportello nuovo di zecca, giusto? Una volta finita la missione da buon samaritano continuerà a fare il suo lavoro in un'altra postazione? Suvvia, siamo fiduciosi, è una così bella giornata.
Ma quanto ci metterà Franco?
- Allora, vedi, io ti ho compilato il modulo…
- Sì
- Qua ci sono i tuoi dati
- Grazie signore, milli grazie
- Ora, con i soldi che hai in mano devi fare un versamento?
- …..
- I soldi che hai lì…
- Sì…
- Li devi versare tutti?
- No capito
- Tu hai conto in Posta?
- Sì
- Devi versare quei soldi?
- 1.100 euro al mese.
- Non capisco...
- Affitto...
- Cosa c'entra l'affitto adesso...
Franchino è disperato.
- Tu non devi prelevare, giusto? Devi depositare?
- Sì, 1.100 affitto.
- Fammi vedere...hai 400 euro qua...cosa fai, metti in conto?
- No capito...
AHHHHHHHHHHHHHHH.
Spostiamoci al terzo sportello che, nel frattempo, è ancora occupato. La sorridente impiegata bionda sta cercando di convincere l'anziano che ha finito i moduli per il Telepass e che dovrà ripassare più tardi in mattinata. A malincuore e un po' scocciato, il povero ometto capisce che non ha alternative e se ne va mogio mogio.
Blinnnn!
30
Avanti a chi tocca.
E tocca per la precisione a una ragazza di colore che deve ritirare una raccomandata datata agosto. La signora bionda (sempre sorridente) l'avvisa che la raccomandata non c'è più.
- Come no c'è più?
- Eh cara, la raccomandata era di agosto e siamo ad ottobre inoltrato.
- E dov'è ora?
- In Kenya
- Come in Kenya?
- È stata rimandata indietro in Kenya.
- Dove Kenya?
- Nel tuo paese!
- Quale paese?
- Kenya.
- Perché no hai mica qui?
- Perché dopo un po' vengono rispedite al mittente se non vengono ritirate hai capito?
- Ah, capito.
Blinnnn!
31
Bon. Tra due persone tocca a me. Ma riecco il tunimarocchino che torna alla carica. Ora che i moduli sono stati compilati deve tornare dalla sua amica allo sportello due. Ma non ha capito (chi l'avrebbe mai detto?) e non appena si libera il buco lasciato libera dalla smemorata kenyota alla postazione tre ci si infila di prepotenza. La signora bionda lo guarda allibita.
- Prego?
- Scusa tu detto 31 ma io 26, prego. Prima 26 di 31.
- Devi aspettare e tornare dalla mia collega quando ha finito…dov'eri prima.
- Como?
- Torna lì (indica al suo fianco l'occhialuta dello sportello due)…da quella signora lì...
- Si si grazi...
Tocca a una tipa che deve pagare una bolletta ma perde un paio di buoni minuti per sottolineare che qualcuno prima ha imbrogliato: vedendo che nessuno si avvicinava agli sportelli una signorina ha fatto finta di avere il numero che invece non era il suo ehhhhh ma lei l'aveva notata eh sì era arrivata dopo di lei eccome se l'aveva notata perché non ci si comporta mica così sapete e anche voi dovete controllare i numeri se sono quelli che avete chiamato perché qua siamo tutti in fila e abbiamo cento altre cose da fare ognuno ha la propria vita e i propri impegni….
Ansimo.
Blinnn!
32…non pervenuto.
Blinnn!
33…
Eccoci, finalmente.
In un minuto e dieci secondi pago e sono fuori. Tempo stimato totale per l'operazione minuti trentacinque. E penso che ci ho messo più io a pagare un bollettino che i Led Zeppelin a scrivere Stairway to Heaven.
Va bè.
lunedì 18 febbraio 2013
Se solo non fossi nato in Italia, nel 1981.
Domanda idiota. Banale. Un non sense. Probabilmente una di quelle che si potrebbero sparare in un momento di assoluto silenzio, all'apice di una sbornia da paura.
Ma soprattutto…Quanto bello sarebbe tornare indietro e ascoltare cosa davano in radio in quel periodo? Insomma, non vi piacerebbe sapere quali cacchiarola di canzoni ascoltava la vostra mammina dolce mentre vi dava vi dava la pappa o vi cambiava i pannolini?
In Italia le cose andavano alla grande.
Un incubo!!!
Ma che caz….dai, ci sarà stata un'altra hit all'altezza, nevvero?
Ho continuato la mia ricerca. Che mi ha portato a…
GIOCA JOUER di Cecchetto? Ehm…no! Non può essere andata così, dai! Ah, ecco forse….cosaaaaaa?
CICALE di Heater Parisi?! Ma porca put….
MALEDETTA PRIMAVERA di Loretta Goggi? DOH!
ANCORA di De Crescenzo? Fanc…
Basta, altro che "ancora".
Se solo fossi nato all'estero, mi sono detto.
In Inghilterra….o che ne so, negli States…quale sorte mi sarebbe capitata?
Ma ora che sono maggiorenne, vaccinato, sposato, padrone della mia vita e del mio destino, voglio stilarvi la colonna sonora ufficiale della mia "venuta al mondo".
Se solo non fossi nato in Italia, nel 1981.
Fossi stato inglese, sarei capitato splendidamente. Skippando tra una stazione e l'altra, non avrei dovuto di certo schivare i rosari di Radio Maria da mattina a sera.
Mi sarei imbattuto magari in WRATHCHILD degli Iron Maiden!
O ancora, in HEADING OUT THE HIGHWAY dei Judas Priest.
Senza dimenticare, BRINGIN' ON THE HEARTBREAK dei Def Leppard, leggermente più soft
PRINCESS OF THE NIGHT dei Saxon
e DON'T BREAK MY HEART AGAIN dei mitici Whitesnake.
Potrei già fermarmi qui. Invece ho fantasticato ancora, e mi sono immaginato come un piccolo pargolo frignante, neo-cittadino degli immensi Stati Uniti d'America.
Di quella popolare magari anche meno di noi, ma di granitico Hard 'n Heavy hanno un bel po' da insegnare...
Eccovi SON OF A BITCH degli Accept! (non pensate male, non l'ho scelta di certo perché autobiografica)
Sono nato in Italia e sono orgogliosamente italiano, sia ben chiaro.
venerdì 30 novembre 2012
JINGLE DEAD! 5 BUONI MOTIVI PER ODIARE IL NATALE
autoritratto |
Lo so, andare controcorrente è difficile. Stanca, avvilisce, sconforta. Ti senti in qualche modo diverso (orgogliosamente diverso) dagli altri. Devo ammetterlo, non sono un bastian contrario per natura. Anzi, il più delle volte penso di adeguarmi fin troppo al ruolo di "medio man". Ho anche sposato una donna abitudinaria, e volente o nolente chi va con l'abitudinaria impara ad abitudinare. Quindi pochi strappi alla regola e avanti col conformismo.
Ma la godereccia sensazione di odiare il Natale, quella non me la leverà mai nessuno. Verrà un giorno in cui dovrò incartare di nascosto i regali per i miei figli. In cui dovrò sbirciare dalla porta della camera da letto nel cuore della notte e godere delle loro espressioni estasiate di fronte a un albero addobbato e generoso. Ma come diceva Aragorn prima della battaglia nell'ultimo magnifico film della trilogia del Signore degli Anelli: …NON E' QUESTO IL GIORNO!!!
Altresì detta "sindrome del buonismo natalizio", coglie milioni di persone nel periodo che va dal 1 al 24 dicembre. Perché a Natale pare viga una regola non scritta: fare i regali per prevenire quelli degli altri. Ho visto persone comprare dozzine di cazzatine (o riciclare regali non graditi) e tenere tutto lì, nascosto ma sempre a portata di mano.
Un amico o un parente ti spiazza con un regalo a sorpresa? Niente paura! Hai sempre la possibilità di dirgli: "il mio è a casa/l'ho lasciato in macchina: te lo vado a prendere subito!". Un semplice "Auguri!" scritto sul bigliettino al volo e il problema è risolto.
Che schifo!
Baci, strette di mano, pacche sulle spalle. A Natale è ovvio, gli auguri si sprecano…Seeee, la maggior parte di quelli che ricevete sono sinceri come quelli che Giuda Iscariota farebbe a Gesù Cristo dopo aver ricevuto i suoi trenta denari. Fatto realmente accaduto: una volta a Messa ho salutato un vicino. Il giorno dopo (a Santo Stefano, no a Carnevale!!!) era come se non esistessi più. Allora volete sapere una cosa? Non fatemi gli auguri di Natale. Non significano niente per me. E se volete proprio farmeli vi risponderò a modo mio. Che dite, è il caso di rischiare? ;)
Basta con Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato. Con i cartoni della Disney: Dumbo, Bambi, Pinocchio, La Spada nella Roccia, mi avete frantumato gli zebedei. E ancora, Una poltrona per due, il Piccolo Lord, Fuga Dal Natale….STOP! Ma non vi mettono malinconia? Ogni anno tutti davanti agli schermi, ipnotizzati da queste storie che ormai sappiamo a memoria, oppure ad aspettare la pubblicità (la stessa da 25 anni) che ci ricorda di che morte dobbiamo morire! Ma non vi siete stancati di tutta questa routine che ha il solo obiettivo di farvi dimenticare per qualche giorno che siete diventati un anno più vecchi e nel frattempo non è cambiato niente di niente?!
Faccio una proposta, mandiamo in loop 24 ore su 24 il GRINCH! Il film più bello sul Natale! Peccato che alla fine il povero Grinch si converta a Santa Claus! VENDUTO!!!
A Natale prendiamo tutti 4/5 chili. Poco da fare. "È Natale è Natale si può dare di piùùùùùùùùù…" recita lo spot Bauli. E allora via, con le suocere che prendono alla lettera il dictat natalizio e fanno la gara a chi…fatica di più. Dalla vigilia a Santo Stefano fornelli sempre accesi, sette primi, quindici secondi, frutta, verdura, contorni, pandori, mandorlati, cazzi e mazzi.
Domanda: chi te l'ha chiesto?
Perché vi dovete sfinire in questo modo? Forse ho capito…per arrivare a fine giornata e poter dire a vostro marito che vi accarezza la schiena sul divano…
"Non pensarci nemmeno, negli ultimi due giorni non mi sono fermata nemmeno un minuto. Sarà per la prossima volta…"
Casalinga furbonaaaa…..
Tutto questo casino…per niente! Il giorno dopo palestra, massaggi linfodrenanti, connettivali snellenti, diete ferree, esami del sangue, urine, salmonellosi e tbc.
Con i commercianti a fregarsi le mani e le nostre tasche sempre più vuote.
venerdì 4 maggio 2012
L'incubo sportivo. Come NON devono comunicare i giornalisti in caso di scudetto in bilico.
Cari lettori,
questa volta dovete permettermi una digressione. Resterò sempre sul tema centrale del blog, che pare si stia indirizzando in linea generale sulla comunicazione, sia essa verbale o non, rivolta a un unico interlocutore o alla massa, corretta o improvvisata. Ma oggi ho deciso di sfogarmi e la vostra risaputa bontà d'animo me lo permetterà.
Voglio parlarvi della lotta scudetto. Era da anni che due squadre non si contendevano il primato fino all'ultima giornata. Il bello dello sport, direte voi. Sono d'accordo. Ma proprio perché lo sport è imprevedibile e si diverte spesso a sovvertire tutti i pronostici, non vedo proprio il motivo di creare una campagna di assegnazione preventiva dei titoli che non sono ancora stati assegnati matematicamente a nessuno.
Premessa: dopo la mamma e la moglie (rigorosamente a pari merito, anche qui per questioni di correttezza sportiva), il mio unico amore è la cara e vecchia Juventus. Una squadra che ho dentro dalla nascita, che ho seguito fino all'inferno della serie B, che ho criticato severamente o difeso a oltranza con la stessa energia. Mi reputo un tifoso sportivo, capace di mettersi il più delle volte dall'altra parte della barricata e di ammettere torti e favori. Di vergognarsi spesso per una svista che avvantaggia i bianconeri, di scusarsi pure con gli amici più cari per il goal di Muntari, ma anche di ricordare loro con altrettanta obiettività che a fine anno potremmo sederci e rivedere con calma tutte le partite accorgendoci tutti che vinca una (la Juve) o l'altra (il Milan), alla fine non fa molta differenza.
Ma un conto è farlo a fine anno, a giochi fatti, a bocce ferme, magari sotto l'ombrellone. Un conto è parlare di qualcosa che non esiste: lo scudetto a tre giornate dalla fine, con la Juve a +3 sul Diavolo che insegue.
Bisogna mantenere la calma, vivere le emozioni che il calcio ci regala (almeno gustiamoci ancora le poche che ha di veramente positive) fino al triplice e ultimo fischio finale.
Invece no, perché fino a ieri pomeriggio lo scudetto ERA già della Juventus. E via con i servizi sul condottiero Conte, su chi sarà eletto miglior giocatore della stagione. Pirlo, sì. Sicuramente Pirlo. Eh, ma avete visto quanta energia Vidal, il cileno che non si ferma da cinque stagioni e ancora corre come un dannato. Per non parlare di una difesa impenetrabile, di un Vucinic rinato, dei tanti gregari che hanno sudato e sputato sangue sul rettangolo verde. Sacrosante verità.
Ma...signori giornalisti sportivi. Lo scudetto la Juve non lo ha ancora vinto. E non si sa nemmeno se lo vincerà. Nonostante tutto, la vostra capacità di indurre il Dio del calcio a far succedere ciò che non deve succedere è paragonabile a quella di uno iettatore patentato.
Mercoledì sera, abbiamo davvero raggiunto l'apice. Al goal della Juve (eravamo all'ottavo del primo tempo), Bergomi ha esordito con un:
"Fabio (Caressa), adesso il Lecce non la vedrà più la palla!"
Prima toccatina alle parti basse.
Caressa ha ripreso e rincarato più volte la dose, soprattutto dopo l'espulsione di un giocatore del Lecce:
"Va beh, il Lecce adesso è anche in 10. Ma la Juve deve cercare di chiudere la partita. Non si sa mai, il calcio è strano...ma il Lecce Beppe non ha mai tirato in porta. Difficile impensierire una Juve così..."
Toccata magistrale delle parti basse.
A cinque minuti dalla fine, l'incubo si manifesta. Buffon non controlla il retropassaggio di Barzagli il giocatore del Lecce appoggia a porta vuota. Il suo primo tiro della partita, il primo e ultimo di tutta la sua squadra. La rabbia esplode e i vicini sentono a chiare lettere che qualcosa non va. Eccome se sentono.
E Caressa ha anche il coraggio di commentare:
"L'avevo detto io che il calcio è strano!"
I milanisti avranno apprezzato. Noi juventini decisamente meno. Il caso citato è solo uno dei tanti, tra cui mi piace ricordare anche l'arteriosclerotico Biscardi che lunedì ha lanciato il televoto che titolava:
Scudetto alla Juve. Già questa settimana o bisogna aspettare domenica?
Ma voglio aggiungere anche Sky, che nella presentazione della partita dibatteva in questo modo:
"Luca (Marcheggiani), il Lecce può davvero rappresentare un'insidia o questa Juve è troppo forte?!"
E l'ex portiere a domanda risponde: "No, penso che sia davvero troppo forte..."
L'unico, apprezzato giornalista, che ha comunicato i rischi della gara, è stato l'esperto di scommesse, sempre di Sky, che ha onestamente definito troppo ottimista la quota di 1,15 data alla Juve vincente. Perché "attenzione al Lecce, è davvero una delle ultime opportunità di salvarsi!"
Cari giornalisti sportivi, vorrei dunque farvi metaforicamente giungere il mio messaggio, ma penso di dar voce a molti altri che la pensano come me.
Fate il vostro lavoro, ma fatelo bene. E soprattutto non gufate. O perlomeno gufate con eleganza.
sabato 14 aprile 2012
Robe da matti...
Buongiorno lettori,
oggi voglio raccontarvi di una persona che ho incontrato spesso nel corso dei miei viaggi. Anche lui viaggia. Il viaggio è la sua gioia più grande, il suo unico impegno quotidiano. Lo si può trovare in stazione, che sia quella degli autobus o quella dei treni, fa poca differenza. Questa mattina l'ho incrociato alla stazione di Vicenza. Ero in fila, in attesa che la biglietteria self service si liberasse. La sua voce mi ha colto di sorpresa, immerso com'ero nei miei pensieri. Altri sette giorni lontano da casa. Da mia moglie, soprattutto. Una settimana da dedicare a un lavoro che per fortuna amo e non solo perché mi dà da mangiare.
- Non ho mai capito bene come funzionano queste macchinette...
Mi sono girato e l'ho riconosciuto all'istante. Un omone alto e brizzolato sulla cinquantina. Capello corto, sguardo vispo, un paio di denti rimasti. Un incisivo e un molare per la precisione. Gli ho sorriso di rimando.
- Cos'é che non capisci precisamente?
La gioia di un dialogo appena approcciato con qualcuno di diverso da un autista o un capotreno deve averlo acceso in un lampo, perché gli occhi si sono illuminati all'istante.
- Beh, vedo tanta gente che mette dentro le monetine e ritira il biglietto ma secondo me con i soldi di carta non funziona...
- Dici? Guarda che i soldi li accetta tutti, di moneta o di carta non fa differenza...
- Ma prima una signora ha messo dentro i soldi di carta e non è riuscita ad avere i biglietti...
Mi ha indicato la macchinetta self service di fianco alla mia. Sullo schermo touch screen campeggiava la scritta: "Dispositivo non funzionante e in attesa di riparazione".
L'ho guardato con la comprensione che ognuno di noi dovrebbe riservare a chi ha ricevuto meno dalla vita, ma che in termini di spontaneità e trasparenza non è secondo a nessuno.
- Mi sa che hai ragione, non l'avrei mai detto che funzionassero solo a monete...
Le persone attorno a me mi avranno preso per matto.
Niente di più vero: un matto che comunicava con un matto.
Utilizzando il suo linguaggio, quello della semplicità.
mercoledì 11 aprile 2012
In coda al supermarket. Passa che ti passa...
Buongiorno lettori,
oggi voglio parlarvi di un fatto molto comune. Sarà capitato sicuramente anche a voi di trovarvi alla cassa di un supermercato, con solo due o tre prodotti in mano ma con almeno cinque o sei persone che vi precedono. In una situazione del genere, l'80% delle volte sarete fatti passare avanti.
Non so chi abbia dato vita a questa particolare usanza che probabilmente ha origini antiche, ma nel tempo praticamente tutti i frequentatori di supermarket sono stati contagiati dal virus della buona educazione. Un modo senz'altro gentile per far risparmiare tempo al prossimo, costretto altrimenti a sprecare minuti preziosi in attesa che le siure davanti a lui carichino le loro centosedici sporte di frutta, verdura e formati famiglia di detersivo in polvere.
Tali atti di altruismo vanno accettati di buon cuore, insegnati ai più piccoli e tutt'altro che stigmatizzati. In modo particolare oggi, in un mondo in cui la buona educazione è relegata agli ultimi posti della nostra scala di valori.
Ma far passare avanti una persona al supermercato sembra essere diventato ormai una specie di obbligo morale imposto da chissà quale casalingo codice d'onore e non più un gesto cortese e apparentemente spontaneo com'era una volta. Mi ricordo di un tempo in cui, attaccato alle gambe di mia madre in fila alle casse, le signore ci lasciavano passare con il sorriso stampato in faccia solo perché avevamo uno o due prodotti in meno di loro.
Ora non più.
Le file si fanno sempre più lunghe ed è qui che nasce il problema.
"Hai solo due cose? Beh, passa pure allora..."
Una frase che al giorno d'oggi ghiaccia le vene di tutti i presenti, perché innesca una reazione a catena molto particolare. Un effetto domino che costringe gli altri ad agire di conseguenza e malvolentieri, in una sorta di fittizia comunione di intenti. Il primo lascia passare, il secondo pure perché non vuole essere da meno, il terzo lo fa perché si sente con le spalle al muro e via così lungo tutta la fila.
È così che l'altro giorno alla cassa di un supermercato, in un batter d'occhio mi sono ritrovato a sorpassare sette persone come un'autoambulanza in corsia d'emergenza.
La prima della fila, una signora sugli ottant'anni vestita da festa, mi ha osservato per un po' prima di apostrofarmi con un:
"Dai, dai, passa che hai solo tre robe. Non starai mica lì fermo ad aspettare come uno scemo..."
La successiva:
"Sì sì dai, siamo sotto Pasqua d'altronde..." (sorriso tirato)
La terza:
(occhiataccia) "Prego, prego....tanto farai in fretta, spero..."
E avanti così. Arrivato alla cassa ho sentito su di me sguardi carichi di disprezzo.
Morale della favola? D'ora in avanti, se vi chiedono di passare avanti al supermercato, non fatelo mai. A meno che non siate colti da attacco improvviso di pupù, o non vi piaccia essere tacciati come causa di tutti i mali.
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