sabato 14 aprile 2012

Robe da matti...

Buongiorno lettori,
oggi voglio raccontarvi di una persona che ho incontrato spesso nel corso dei miei viaggi. Anche lui viaggia. Il viaggio è la sua gioia più grande, il suo unico impegno quotidiano. Lo si può trovare in stazione, che sia quella degli autobus o quella dei treni, fa poca differenza. Questa mattina l'ho incrociato alla stazione di Vicenza. Ero in fila, in attesa che la biglietteria self service si liberasse. La sua voce mi ha colto di sorpresa, immerso com'ero nei miei pensieri. Altri sette giorni lontano da casa. Da mia moglie, soprattutto. Una settimana da dedicare a un lavoro che per fortuna amo e non solo perché mi dà da mangiare.
- Non ho mai capito bene come funzionano queste macchinette...
Mi sono girato e l'ho riconosciuto all'istante. Un omone alto e brizzolato sulla cinquantina. Capello corto, sguardo vispo, un paio di denti rimasti. Un incisivo e un molare per la precisione. Gli ho sorriso di rimando.
- Cos'é che non capisci precisamente?
La gioia di un dialogo appena approcciato con qualcuno di diverso da un autista o un capotreno deve averlo acceso in un lampo, perché gli occhi si sono illuminati all'istante.
- Beh, vedo tanta gente che mette dentro le monetine e ritira il biglietto ma secondo me con i soldi di carta non funziona...
- Dici? Guarda che i soldi li accetta tutti, di moneta o di carta non fa differenza...
- Ma prima una signora ha messo dentro i soldi di carta e non è riuscita ad avere i biglietti...
Mi ha indicato la macchinetta self service di fianco alla mia. Sullo schermo touch screen campeggiava la scritta: "Dispositivo non funzionante e in attesa di riparazione".
L'ho guardato con la comprensione che ognuno di noi dovrebbe riservare a chi ha ricevuto meno dalla vita, ma che in termini di spontaneità e trasparenza non è secondo a nessuno.
- Mi sa che hai ragione, non l'avrei mai detto che funzionassero solo a monete...
Le persone attorno a me mi avranno preso per matto.
Niente di più vero: un matto che comunicava con un matto.
Utilizzando il suo linguaggio, quello della semplicità.

mercoledì 11 aprile 2012

In coda al supermarket. Passa che ti passa...


Buongiorno lettori,
oggi voglio parlarvi di un fatto molto comune. Sarà capitato sicuramente anche a voi di trovarvi alla cassa di un supermercato, con solo due o tre prodotti in mano ma con almeno cinque o sei persone che vi precedono. In una situazione del genere, l'80% delle volte sarete fatti passare avanti. 
   

Non so chi abbia dato vita a questa particolare usanza che probabilmente ha origini antiche, ma nel tempo praticamente tutti i frequentatori di supermarket sono stati contagiati dal virus della buona educazione. Un modo senz'altro gentile per far risparmiare tempo al prossimo, costretto altrimenti a sprecare minuti preziosi in attesa che le siure davanti a lui carichino le loro centosedici sporte di frutta, verdura e formati famiglia di detersivo in polvere.


Tali atti di altruismo vanno accettati di buon cuore, insegnati ai più piccoli e tutt'altro che stigmatizzati. In modo particolare oggi, in un mondo in cui la buona educazione è relegata agli ultimi posti della nostra scala di valori.
Ma far passare avanti una persona al supermercato sembra essere diventato ormai una specie di obbligo morale imposto da chissà quale casalingo codice d'onore e non più un gesto cortese e apparentemente spontaneo com'era una volta.  Mi ricordo di un tempo in cui, attaccato alle gambe di mia madre in fila alle casse, le signore ci lasciavano passare con il sorriso stampato in faccia solo perché avevamo uno o due prodotti in meno di loro.

Ora non più. 
Le file si fanno sempre più lunghe ed è qui che nasce il problema. 


Immaginate di trovarvi al supermercato Tosano e di presentarvi alla cassa 12 con in mano una scatola di tonno, del pane e un litro di latte. Davanti a voi, che sia martedì all'alba o sabato all'ora di punta, avrete mediamente diciassette persone con i carrelli stracolmi di ogni bene di prima necessità.Di punto in bianco, l'obbligo morale si insidierà nella mente di chi vi precede. Sì, perché la samaritana idea di cedere il posto in fila non parte mai dal primo individuo in coda, ma sempre da quello che vi sta immediatamente davanti. 
"Hai solo due cose? Beh, passa pure allora..." 
Una frase che al giorno d'oggi ghiaccia le vene di tutti i presenti, perché innesca una reazione a catena molto particolare. Un effetto domino che costringe gli altri ad agire di conseguenza e malvolentieri, in una sorta di fittizia comunione di intenti. Il primo lascia passare, il secondo pure perché non vuole essere da meno, il terzo lo fa perché si sente con le spalle al muro e via così lungo tutta la fila. 


È così che l'altro giorno alla cassa di un supermercato, in un batter d'occhio mi sono ritrovato a sorpassare sette persone come un'autoambulanza in corsia d'emergenza. 
La prima della fila, una signora sugli ottant'anni vestita da festa, mi ha osservato per un po' prima di apostrofarmi con un:
"Dai, dai, passa che hai solo tre robe. Non starai mica lì fermo ad aspettare come uno scemo..."
La successiva:
"Sì sì dai, siamo sotto Pasqua d'altronde..." (sorriso tirato)
La terza:
(occhiataccia) "Prego, prego....tanto farai in fretta, spero..."

E avanti così. Arrivato alla cassa ho sentito su di me sguardi carichi di disprezzo.  

Morale della favola? D'ora in avanti, se vi chiedono di passare avanti al supermercato, non fatelo mai. A meno che non siate colti da attacco improvviso di pupù, o non vi piaccia essere tacciati come causa di tutti i mali.