venerdì 30 marzo 2012

In viaggio...le 5 domande che non ti aspetti sui binari del treno!


Cari lettori, non tutti di voi sapranno che viaggio spesso per lavoro e che sono costretto per lo più a farlo in treno. In questi ultimi due anni in giro per lo Stivale me ne sono capitate un po' di tutti i colori. Multe, ritardi biblici, vicini di posto rumorosi, bizzarre conoscenze e chi più ne ha più ne metta. Oggi però (sarà perché devo aspettare ancora un'ora il treno che mi riporterà a casa dalla stazione di Milano), ho deciso di scrivere un post sul tema.

Stilerò quindi una classifica delle 5 domande più assurde che le persone mi hanno rivolto mentre ero fermo al binario.

Immaginate quindi di trovarvi al mio posto. Un tizio si avvicina e vi chiede....

5) (vedere foto) 



Mi scusi, arriva qui il treno per Milano?
No, le destinazioni vengono scelte a caso, non faccia affidamento sui cartelloni. Se non vuole rischiare di finire a Lecce o a Firenze vada alla ricerca di Harry Potter, si rechi con lui al binario 9 e tre quarti e prenda il treno diretto a Hogwarts...Di sicuro farà scalo a Milano.

4) 
Mi scusi, va a Bologna anche lei?
Arriva qui il treno?
Non è gia passato vero!?
....Purtroppo sì, io ogni mattina mi reco in stazione, compro tutti i biglietti per tutti i treni diretti a Bologna, li aspetto al binario ma poi non ci salgo...

3) 
Mi scusi, devo andare a Rimini. È il treno giusto!?
Quindi ferma a Bologna, Rimini...e poi!?
Ancona...
Capito...a quale stazione di Rimini mi consiglia di scendere per andare a San Marino?
Le consiglio l'unica in cui il treno si ferma, ma può sempre optare per la discesa al volo, magari un po' prima o un po' dopo...

2)  

Buongiorno, lei per caso sa con che logica sono stati decisi i numeri di posto all'interno delle carrozze?
Penso con un logoritmo applicato a uno studio di funzione il cui risultato ha suggerito a Trenitalia di utilizzare una parte di numeri pari e una parte di numeri dispari.

1)  

Scusi...passa di qua il treno per Lecce?
C'è un punto preciso in cui si prende?
Sì, deve prendere un cavallo, aspettare che il treno parta e poi affiancarlo al galoppo e       saltare al momento giusto.

lunedì 26 marzo 2012

Comunicare? Con il silenzio si può...

Buongiorno cari lettori. Il post di oggi conferma che per comunicare qualcosa non necessariamente dobbiamo rivolgerci agli altri parlando o gesticolando. Molte volte il silenzio è la forma di comunicazione più esplicita. A seconda dei casi può significare tutto e il contrario di tutto. Sta a noi cercare di interpretare i sentimenti e gli stati d'animo di chi ci vuol comunicare qualcosa con il silenzio.
D'altronde, un maestro come Mogol scrive dei versi splendidi sull'argomento, in una commovente canzone dedicata all'amico e compianto Lucio Battisti e magistralmente interpretata da Adriano Celentano:

...e il mio discorso più bello e più denso
esprime con il silenzio il suo senso ...

(L'arcobaleno, 1999)

Con il silenzio, si "parla". Con il silenzio ci si esprime.

Esempio 1:
Provate a regalare alla vostra amata un bel diamante e non risparmiate sui carati. Il silenzio che seguirà alla consegna del prezioso gioiello (il più delle volte per il sesso femminile autentica ragione d'essere di un rapporto di coppia) comunicherà stupore, gioia irrefrenabile, estasi totale e incapacità di esprimersi diversamente.

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Esempio 2:
2 luglio 2000. Finale dei campionati europei di calcio tra Italia e Francia. Dopo il momentaneo vantaggio di Marco Delvecchio, pareggio di Wiltord e golden goal di Trezeguet ai tempi supplementari con missile terra-aria che si infila sotto la traversa dell'immobile Toldo. L'intera penisola ammutolisce. In questo caso sono la disperazione, l'angoscia e l'incredulità di una nazione a esprimersi con la devastante rumorosità del silenzio.

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Esempio 3: 
Entrate alle ore 11:30 in un ufficio postale, com'è successo a me qualche settimana fa. Premetto, non ho nulla contro gli impiegati alle Poste ma.....
Cosa comunica questo silenzio? Trattasi di silenzio assenso. Anzi, di silenzio...ASSENTE!

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giovedì 22 marzo 2012

L'importanza di chiamarsi...Alessandro! Stefano? Giacomo?...

Cari lettori,
in questo giovedì di inizio primavera voglio parlarvi di un errore di comunicazione molto comune. Uno di quelli che mette in imbarazzo in egual modo chi lo pratica e chi lo subisce. Vi è mai capitato che qualcuno si rivolga a voi chiamandovi con un nome diverso dal vostro? Ditemi un po'...come ci si sente? Rispondo io. La cosa è abbastanza fastidiosa. Sentirci appellare con un nome che non ci appartiene crea un disagio, diverso in base ai tipo di persona che abbiamo davanti. Se è una persona che conosciamo da tempo, il sentimento sarà ben diverso rispetto a una persona che si frequenta da poco. In ogni caso, la situazione creerà imbarazzo. 

Esempio pratico. 
Un mio negoziante di fiducia (si dice il peccato ma non il peccatore), dopo anni e anni di frequentazione, ha iniziato a chiamarmi Alessandro. Ora, esiste la probabilità, per quanto remota, che nel frattempo un tale Alessandro che mi assomiglia moltissimo abbia iniziato a girovagare per il negozio. Nonostante tutto, in questo caso specifico, la reazione più normale è quella di evidenziare l'errore, magari accompagnandolo con una bella risata. 
Ma come Alessandro!! Sono Gianluca! 
 Purtroppo la cosa è proseguita a distanza di un paio di settimane e poi ancora il mese successivo. Non è la fine del mondo, ma ti fa sentire...diverso da ciò che sei veramente. 

Attenzione, quindi, soprattutto nel mondo del lavoro. Ricordarsi il nome di una persona appena conosciuta è fondamentale per la buona continuazione del rapporto. Durante una riunione, non c'è errore peggiore di rivolgersi al proprio referente con frasi come "scusi, mi sono scordato come si chiama"  o "come accennava prima il signore di cui non ricordo bene il nome". Probabilmente la bilancia penderà già a vostro sfavore. D'altra parte, ricordarsi il nome di chi si ha davanti è utile e gratifica molto il vostro interlocutore. E non sto parlando solo dell'illustre amministratore delegato di una grande azienda, ma anche di una semplice segretaria o di un'addetta alla reception. Se vi siete presentati in passato, alla prima occasione dimostratele di avere buona memoria:  
Buongiorno Carla, ho appuntamento con il signor Rossi. Può verificare se può ricevermi?
Si sentirà importante e da quel giorno in poi la collaborazione ne trarrà beneficio. 

PS: inutile sottolineare che il consiglio vale anche e soprattutto per i rapporti affettivi. Se sbagliate il nome di vostra moglie o della vostra ultima fiamma, fa poca differenza. Preparatevi al peggio.
 
 
 

mercoledì 21 marzo 2012

Comunicando - La classifica: i 5 operatori di call center in cui è meglio non imbattersi! (pt.2)

Ecco la seconda parte. Se vi squilla il telefono, potrebbe essere uno di questi:

3) L'INDIANO/ IL CINESE DELLE GRANDI MULTINAZIONALI
Sempre più aziende, specialmente le multinazionali, delegano all'estero i servizi di call center, sia per l'assistenza che per le offerte commerciali. L'instancabile omino/donnina di origine cinese o indiana lavora strenuamente, come da contratto. Impossibile non riconoscerlo fin dal saluto iniziale: Buongiolno signole!  A differenza dei colleghi italiani, gli operatori dell'Estremo Oriente non si demoralizzano nè si lasciano intimidire. Sono autentiche macchine da battaglia, in grado di vomitarvi addosso una media di 50 informazioni al secondo.
CONSIGLIO: Autocontrollo. Cercate di essere gentili e provate a interrompere con educazione o la fastidiosa vocina vi lobotomizzerà il cervello. Se non ci riuscite, respirate e riattaccate. Sarà maleducato, ma funziona. Attenzione, l'operatore quasi sicuramente richiamerà. Continuate ad libitum.

2) IL SORDO
Ci stiamo avvicinando alla vetta. Questo operatore è purtroppo molto diffuso. La sua caratteristica è quella di non ascoltarvi mai e di continuare a parlare senza lasciare il minimo spazio a una vostra possibile replica. L'aumento della velocità, del tono e del volume della parlantina cresce vertiginosamente a ogni tentativo di interruzione. Se un amico, un parente o un familiare è al telefono e si comporta così, intervenite prontamente. Le probabilità che sia una vittima dell'operatore di categoria sordo sono elevatissime.
- Sì....no ma io non...ho cap...davver...non interes...scus...ho già...ho già...d'accordo ma...
CONSIGLIO: Se capite che la proposta commerciale non vi interessa, utilizzate la stessa tecnica dell'operatore. Tenete pronta una frase generica e sparatela velocemente e senza esitazioni, poi riattaccate! Funzionerà.

1) L'ARROGANTE
Attenzione signori. Il vincitore di questa hit parade è generalmente l'uomo/la donna più cafone/a che vi sia mai capitato di ascoltare al telefono. Comincia con tono professionale ma alla prima interruzione è colto da possessione diabolica. In un batter d'occhio abbatte la soglia della formalità e inizia a farsi gli affaracci vostri o a provocarvi con frasi del tipo "impossibile che lei non voglia risparmiare sulla bolletta del telefono", "ma si rende conto di che offerta le sto facendo" o "non capisco come faccia a continuare a buttare i suoi soldi così". Facile che la telefonata finisca con reciproci insulti.
CONSIGLIO: Vi riporto quello di mio padre. Fateli alterare (ci vuole poco, basta un "no"). Non appena iniziano le insinuazioni sulle possibilità di risparmiare (si tratta sempre di quello, alla fine), rispondete all'arroganza con arroganza:

- Non voglio risparmiare e non mi interessa buttar via i miei soldi e lo sa perché?
Garantito al limone, risponderà: - Perché?
- Perché sono miliardario...

Non sarete miliardari, ma vi assicuro che il silenzio che ne seguirà vi renderà miliardari dentro.

martedì 20 marzo 2012

Comunicando - La classifica: i 5 operatori di call center in cui è meglio non imbattersi! (pt.1)

Buongiorno fedeli lettori,
oggi ho il piacere di inaugurare una nuova rubrica. Tenterò, di tanto in tanto, di stilare una classifica dei modi più strani, imbarazzanti, divertenti o sbagliati di comunicare con gli altri. Lo farò stilando una graduatoria assolutamente personale (e quindi opinabile), che sarà sempre il risultato della mia esperienza personale diretta, al più contagiata da quella di amici, conoscenti e parenti. Iniziamo con:

I 5 OPERATORI DI CALL CENTER IN CUI È MEGLIO NON IMBATTERSI (pt.1)

5) IL PIAGNONE
Tipologia molto rara di operatore telefonico, tende quasi sempre ad assecondare i rimbrotti e i vostri eccessi di nervosismo (del tipo "sto mangiando", "in questo momento mi disturba" etc...) con fare pacato e apparentemente comprensivo. La sua arma migliore viene sfoderata all'improvviso e lascia di stucco. L'operatore si lamenta infatti del suo stesso lavoro e ricorre  a frasi ad effetto come: "Mi dispiace molto signore, l'ultimo dei miei pensieri era quello di crearle disagio".
A cui aggiunge, nei casi limite: "...ma se non lavoro non porto a casa la pagnotta neppure io. E glielo dice uno con moglie a carico, cinque figli, sei cani e due gatti da mantenere." 
CONSIGLIO: Non cedete mai! L'operatore, mettendosi dalla vostra parte, vi sta portando dalla sua.

4) IL FINTO TONTO/IL GIUDA
Due caratteristiche che contraddistinguono quasi sempre lo stesso operatore. Il finto tonto è un collega di un classico operatore che chiama a distanza di breve tempo e per la stessa azienda di servizi telefonici. Cade dalle nuvole quando gli viene rimproverato che l'azienda "x" ha già chiamato un paio di giorni prima. All'inizio si scusa, poi chiede cortesemente l'offerta del collega per abbassarla o addirittura contestarla, ergendosi a paladino delle tariffe chiare e senza fregature. Il lato iscariota dell'operatore vi colpirà veloce come un cobra reale.
CONSIGLIO: tagliate la testa al toro (e al cobra). Come anticipato anche al suo collega, avete appena cambiato piano telefonico. È l'antidoto migliore all'interlocutore più letale e sibilino del pianeta.



lunedì 19 marzo 2012

Comunicare con i gesti...Lezione 1: Il dito medio.

Salve a tutti.
Questa parte del blog sarà dedicata alla comunicazione gestuale, altresì defintiva come comunicazione non verbale. Esprimersi a gesti è una delle più importanti (se non addirittura la più importante) forma di comunicazione per far conoscere agli altri i nostri pensieri, le nostre emozioni, il nostro stato d'animo in un preciso momento. Non a caso il limite di una moderna conversazione tramite SMS e chat è proprio quello di non essere supportata dalla gestualità tipica della comunicazione face to face. La distanza tra questi moderni strumenti di comunicazione e le conversazioni "de visu" è stata parzialmente colmata dall'inserimento di elementi come gli emoticons e le gift animate, ma il "tu per tu" è ancora il modello relazionale che preferisco. Dalle espressioni e dall'atteggiamento non verbale di una persona che mi sta davanti posso intuire molte cose.

Esempio pratico. 
Ieri pomeriggio, mentre rientravo a casa da un pranzo in famiglia, un ciclista mi ha tagliato la strada incurante del segnale di STOP che lo obbligava a fermarsi e darmi la precedenza. Ho frenato e lo stridere delle ruote sull'asfalto ha indotto l'incauto velocipede a guardare verso di me. Sul suo volto, nessuna traccia evidente di terrore o imbarazzo. Mi sono attaccato al clacson (purtroppo quello della mia Toyota Yaris può al massimo fare concorrenza alle automobiline per bambini della Peg Perego). Il ciclista si è girato nuovamente, mi ha osservato con indifferenza, e ha alzato alto il dito medio della mano destra. Più chiaro di così...


Conclusioni: il dito medio è una forma primitiva di espressione non verbale. Comunica con eccessiva sfacciataggine il disappunto di chi lo utilizza. Viene sbandierato con fierezza soprattutto all'interno della rete stradale urbana ed extraurbana, ma anche allo stadio, senza differenze di età, sesso posizione sociale e religione.

Lazzaro! Alzati e...blogga!

Buongiorno a tutti. Ebbene sì, sono tornato! Molti di voi (in realtà nessuno) si saranno chiesti dove fossi finito in questo anno e mezzo di assenza dal blog. Non preoccupatevi, niente di grave. Solamente una forma acuta di "apatia dello scrittore", fenomeno che mi ha colpito all'improvviso e mi ha indotto a un antipatico letargo. Mi scuso, so che sto contravvenendo a una regola non scritta ma condivisa, che impone una frequenza giornaliera nella stesura dei post. Bloggare è una pratica quotidiana (cito la fantastica Luisa Carrada). Da oggi in poi ci impiegherò quel tempo che in quest'ultimo anno ho spesso dedicato ad altro. Sicuro che scrivere mi aiuterà a scrivere. Che esprimere mi aiuterà a esprimermi. Cosa scriverò e cosa esprimerò, questo non è dato a sapersi. 
È giunta l'ora. Lazzaro! Alzati e...blogga!