venerdì 30 novembre 2012

JINGLE DEAD! 5 BUONI MOTIVI PER ODIARE IL NATALE

autoritratto

Lo so, andare controcorrente è difficile. Stanca, avvilisce, sconforta. Ti senti in qualche modo diverso (orgogliosamente diverso) dagli altri. Devo ammetterlo, non sono un bastian contrario per natura. Anzi, il più delle volte penso di adeguarmi fin troppo al ruolo di "medio man". Ho anche sposato una donna abitudinaria, e volente o nolente chi va con l'abitudinaria impara ad abitudinare. Quindi pochi strappi alla regola e avanti col conformismo. 


Ma la godereccia sensazione di odiare il Natale, quella non me la leverà mai nessuno. Verrà un giorno in cui dovrò incartare di nascosto i regali per i miei figli. In cui dovrò sbirciare dalla porta della camera da letto nel cuore della notte e godere delle loro espressioni estasiate di fronte a un albero addobbato e generoso. Ma come diceva Aragorn prima della battaglia nell'ultimo magnifico film della trilogia del Signore degli Anelli: …NON E' QUESTO IL GIORNO!!!

E allora eccomi a consigliarvi i 5 buoni motivi per odiare il Natale.

- 5) MIO DIO COSA REGALO A TAL DEI TALI? L'ANNO SCORSO MI HA PORTATO QUELLA SCHIFOSISSIMA STELLA DI NATALE, MICA POSSO PRESENTARMI CON LE MANI IN MANO.
Altresì detta "sindrome del buonismo natalizio", coglie milioni di persone nel periodo che va dal 1 al 24 dicembre. Perché a Natale pare viga una regola non scritta: fare i regali per prevenire quelli degli altri. Ho visto persone comprare dozzine di cazzatine (o riciclare regali non graditi) e tenere tutto lì, nascosto ma sempre a portata di mano. 
Un amico o un parente ti spiazza con un regalo a sorpresa? Niente paura! Hai sempre la possibilità di dirgli: "il mio è a casa/l'ho lasciato in macchina: te lo vado a prendere subito!". Un semplice "Auguri!" scritto sul bigliettino al volo e il problema è risolto. 
Che schifo!  

- 4) A NATALE SI E' TUTTI PIU' BUONI….
Baci, strette di mano, pacche sulle spalle. A Natale è ovvio, gli auguri si sprecano…Seeee, la maggior parte di quelli che ricevete sono sinceri come quelli che Giuda Iscariota farebbe a Gesù Cristo dopo aver ricevuto i suoi trenta denari. Fatto realmente accaduto: una volta a Messa ho salutato un vicino. Il giorno dopo (a Santo Stefano, no a Carnevale!!!) era come se non esistessi più. Allora volete sapere una cosa? Non fatemi gli auguri di Natale. Non significano niente per me. E se volete proprio farmeli vi risponderò a modo mio. Che dite, è il caso di rischiare? ;)

- 3) I FILMETTI CHE STRAPPANO LACRIME...E STRACCIANO LE PALLE
Basta con Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato. Con i cartoni della Disney: Dumbo, Bambi, Pinocchio, La Spada nella Roccia, mi avete frantumato gli zebedei. E ancora, Una poltrona per due, il Piccolo Lord, Fuga Dal Natale….STOP! Ma non vi mettono malinconia? Ogni anno tutti davanti agli schermi, ipnotizzati da queste storie che ormai sappiamo a memoria, oppure ad aspettare la pubblicità (la stessa da 25 anni) che ci ricorda di che morte dobbiamo morire! Ma non vi siete stancati di tutta questa routine che ha il solo obiettivo di farvi dimenticare per qualche giorno che siete diventati un anno più vecchi e nel frattempo non è cambiato niente di niente?!
Faccio una proposta, mandiamo in loop 24 ore su 24 il GRINCH! Il film più bello sul Natale! Peccato che alla fine il povero Grinch si converta a Santa Claus! VENDUTO!!! 

2) LUCULLO ERA UN PRINCIPIANTE. 
A Natale prendiamo tutti 4/5 chili. Poco da fare. "È Natale è Natale si può dare di piùùùùùùùùù…" recita lo spot Bauli. E allora via, con le suocere che prendono alla lettera il dictat natalizio e fanno la gara a chi…fatica di più. Dalla vigilia a Santo Stefano fornelli sempre accesi, sette primi, quindici secondi, frutta, verdura, contorni, pandori, mandorlati, cazzi e mazzi. 

"Ma come, sei pieno?! Eh no, ho caramellato i datteri benedetti e ci ho abbinato una crema di mascarpone che è la fine del mondo, non puoi rifiutarli…ci ho messo così tanto tempo!"….
Domanda: chi te l'ha chiesto?
Perché vi dovete sfinire in questo modo? Forse ho capito…per arrivare a fine giornata e poter dire a vostro marito che vi accarezza la schiena sul divano…
"Non pensarci nemmeno, negli ultimi due giorni non mi sono fermata nemmeno un minuto. Sarà per la prossima volta…" 
Casalinga furbonaaaa…..

1) LA MAGIA DI UN GIORNO…
Tutto questo casino…per niente! Il giorno dopo palestra, massaggi linfodrenanti, connettivali snellenti, diete ferree, esami del sangue, urine, salmonellosi e tbc. 
Con i commercianti a fregarsi le mani e le nostre tasche sempre più vuote. 

NATALE: FUCK YOU!








venerdì 4 maggio 2012

L'incubo sportivo. Come NON devono comunicare i giornalisti in caso di scudetto in bilico.

Cari lettori,
questa volta dovete permettermi una digressione. Resterò sempre sul tema centrale del blog, che pare si stia indirizzando in linea generale sulla comunicazione, sia essa verbale o non, rivolta a un unico interlocutore o alla massa, corretta o improvvisata. Ma oggi ho deciso di sfogarmi e la vostra risaputa bontà d'animo me lo permetterà.
Voglio parlarvi della lotta scudetto. Era da anni che due squadre non si contendevano il primato fino all'ultima giornata. Il bello dello sport, direte voi. Sono d'accordo. Ma proprio perché lo sport è imprevedibile e si diverte spesso a sovvertire tutti i pronostici, non vedo proprio il motivo di creare una campagna di assegnazione preventiva dei titoli che non sono ancora stati assegnati matematicamente a nessuno.

Premessa: dopo la mamma e la moglie (rigorosamente a pari merito, anche qui per questioni di correttezza sportiva), il mio unico amore è la cara e vecchia Juventus. Una squadra che ho dentro dalla nascita, che ho seguito fino all'inferno della serie B, che ho criticato severamente o difeso a oltranza con la stessa energia. Mi reputo un tifoso sportivo, capace di mettersi il più delle volte dall'altra parte della barricata e di ammettere torti e favori. Di vergognarsi spesso per una svista che avvantaggia i bianconeri, di scusarsi pure con gli amici più cari per il goal di Muntari, ma anche di ricordare loro con altrettanta obiettività che a fine anno potremmo sederci e rivedere con calma tutte le partite accorgendoci tutti che vinca una (la Juve) o l'altra (il Milan), alla fine non fa molta differenza.
Ma un conto è farlo a fine anno, a giochi fatti, a bocce ferme, magari sotto l'ombrellone. Un conto è parlare di qualcosa che non esiste: lo scudetto a tre giornate dalla fine, con la Juve a +3 sul Diavolo che insegue.

Bisogna mantenere la calma, vivere le emozioni che il calcio ci regala (almeno gustiamoci ancora le poche che ha di veramente positive) fino al triplice e ultimo fischio finale.
Invece no, perché fino a ieri pomeriggio lo scudetto ERA già della Juventus. E via con i servizi sul condottiero Conte, su chi sarà eletto miglior giocatore della stagione. Pirlo, sì. Sicuramente Pirlo. Eh, ma avete visto quanta energia Vidal, il cileno che non si ferma da cinque stagioni e ancora corre come un dannato. Per non parlare di una difesa impenetrabile, di un Vucinic rinato, dei tanti gregari che hanno sudato e sputato sangue sul rettangolo verde. Sacrosante verità. 

Ma...signori giornalisti sportivi. Lo scudetto la Juve non lo ha ancora vinto. E non si sa nemmeno se lo vincerà. Nonostante tutto, la vostra capacità di indurre il Dio del calcio a far succedere ciò che non deve succedere è paragonabile a quella di uno iettatore patentato. 

Mercoledì sera, abbiamo davvero raggiunto l'apice. Al goal della Juve (eravamo all'ottavo del primo tempo), Bergomi ha esordito con un:
"Fabio (Caressa), adesso il Lecce non la vedrà più la palla!"
Prima toccatina alle parti basse.

Caressa ha ripreso e rincarato più volte la dose, soprattutto dopo l'espulsione di un giocatore del Lecce:
"Va beh, il Lecce adesso è anche in 10. Ma la Juve deve cercare di chiudere la partita. Non si sa mai, il calcio è strano...ma il Lecce Beppe non ha mai tirato in porta. Difficile impensierire una Juve così..."
Toccata magistrale delle parti basse. 

A cinque minuti dalla fine, l'incubo si manifesta. Buffon non controlla il retropassaggio di Barzagli il giocatore del Lecce appoggia a porta vuota. Il suo primo tiro della partita, il primo e ultimo di tutta la sua squadra. La rabbia esplode e i vicini sentono a chiare lettere che qualcosa non va. Eccome se sentono. 

E Caressa ha anche il coraggio di commentare:
"L'avevo detto io che il calcio è strano!"

I milanisti avranno apprezzato. Noi juventini decisamente meno. Il caso citato è solo uno dei tanti, tra cui mi piace ricordare anche l'arteriosclerotico Biscardi che lunedì ha lanciato il televoto che titolava:

Scudetto alla Juve. Già questa settimana o bisogna aspettare domenica?
Ma voglio aggiungere anche Sky, che nella presentazione della partita dibatteva in questo modo:
"Luca (Marcheggiani), il Lecce può davvero rappresentare un'insidia o questa Juve è troppo forte?!"
E l'ex portiere a domanda risponde: "No, penso che sia davvero troppo forte..."

L'unico, apprezzato giornalista, che ha comunicato i rischi della gara, è stato l'esperto di scommesse, sempre di Sky, che ha onestamente definito troppo ottimista la quota di 1,15 data alla Juve vincente. Perché "attenzione al Lecce, è davvero una delle ultime opportunità di salvarsi!"

Cari giornalisti sportivi, vorrei dunque farvi metaforicamente giungere il mio messaggio, ma penso di dar voce a molti altri che la pensano come me.

Fate il vostro lavoro, ma fatelo bene.  E soprattutto non gufate. O perlomeno gufate con eleganza.

sabato 14 aprile 2012

Robe da matti...

Buongiorno lettori,
oggi voglio raccontarvi di una persona che ho incontrato spesso nel corso dei miei viaggi. Anche lui viaggia. Il viaggio è la sua gioia più grande, il suo unico impegno quotidiano. Lo si può trovare in stazione, che sia quella degli autobus o quella dei treni, fa poca differenza. Questa mattina l'ho incrociato alla stazione di Vicenza. Ero in fila, in attesa che la biglietteria self service si liberasse. La sua voce mi ha colto di sorpresa, immerso com'ero nei miei pensieri. Altri sette giorni lontano da casa. Da mia moglie, soprattutto. Una settimana da dedicare a un lavoro che per fortuna amo e non solo perché mi dà da mangiare.
- Non ho mai capito bene come funzionano queste macchinette...
Mi sono girato e l'ho riconosciuto all'istante. Un omone alto e brizzolato sulla cinquantina. Capello corto, sguardo vispo, un paio di denti rimasti. Un incisivo e un molare per la precisione. Gli ho sorriso di rimando.
- Cos'é che non capisci precisamente?
La gioia di un dialogo appena approcciato con qualcuno di diverso da un autista o un capotreno deve averlo acceso in un lampo, perché gli occhi si sono illuminati all'istante.
- Beh, vedo tanta gente che mette dentro le monetine e ritira il biglietto ma secondo me con i soldi di carta non funziona...
- Dici? Guarda che i soldi li accetta tutti, di moneta o di carta non fa differenza...
- Ma prima una signora ha messo dentro i soldi di carta e non è riuscita ad avere i biglietti...
Mi ha indicato la macchinetta self service di fianco alla mia. Sullo schermo touch screen campeggiava la scritta: "Dispositivo non funzionante e in attesa di riparazione".
L'ho guardato con la comprensione che ognuno di noi dovrebbe riservare a chi ha ricevuto meno dalla vita, ma che in termini di spontaneità e trasparenza non è secondo a nessuno.
- Mi sa che hai ragione, non l'avrei mai detto che funzionassero solo a monete...
Le persone attorno a me mi avranno preso per matto.
Niente di più vero: un matto che comunicava con un matto.
Utilizzando il suo linguaggio, quello della semplicità.

mercoledì 11 aprile 2012

In coda al supermarket. Passa che ti passa...


Buongiorno lettori,
oggi voglio parlarvi di un fatto molto comune. Sarà capitato sicuramente anche a voi di trovarvi alla cassa di un supermercato, con solo due o tre prodotti in mano ma con almeno cinque o sei persone che vi precedono. In una situazione del genere, l'80% delle volte sarete fatti passare avanti. 
   

Non so chi abbia dato vita a questa particolare usanza che probabilmente ha origini antiche, ma nel tempo praticamente tutti i frequentatori di supermarket sono stati contagiati dal virus della buona educazione. Un modo senz'altro gentile per far risparmiare tempo al prossimo, costretto altrimenti a sprecare minuti preziosi in attesa che le siure davanti a lui carichino le loro centosedici sporte di frutta, verdura e formati famiglia di detersivo in polvere.


Tali atti di altruismo vanno accettati di buon cuore, insegnati ai più piccoli e tutt'altro che stigmatizzati. In modo particolare oggi, in un mondo in cui la buona educazione è relegata agli ultimi posti della nostra scala di valori.
Ma far passare avanti una persona al supermercato sembra essere diventato ormai una specie di obbligo morale imposto da chissà quale casalingo codice d'onore e non più un gesto cortese e apparentemente spontaneo com'era una volta.  Mi ricordo di un tempo in cui, attaccato alle gambe di mia madre in fila alle casse, le signore ci lasciavano passare con il sorriso stampato in faccia solo perché avevamo uno o due prodotti in meno di loro.

Ora non più. 
Le file si fanno sempre più lunghe ed è qui che nasce il problema. 


Immaginate di trovarvi al supermercato Tosano e di presentarvi alla cassa 12 con in mano una scatola di tonno, del pane e un litro di latte. Davanti a voi, che sia martedì all'alba o sabato all'ora di punta, avrete mediamente diciassette persone con i carrelli stracolmi di ogni bene di prima necessità.Di punto in bianco, l'obbligo morale si insidierà nella mente di chi vi precede. Sì, perché la samaritana idea di cedere il posto in fila non parte mai dal primo individuo in coda, ma sempre da quello che vi sta immediatamente davanti. 
"Hai solo due cose? Beh, passa pure allora..." 
Una frase che al giorno d'oggi ghiaccia le vene di tutti i presenti, perché innesca una reazione a catena molto particolare. Un effetto domino che costringe gli altri ad agire di conseguenza e malvolentieri, in una sorta di fittizia comunione di intenti. Il primo lascia passare, il secondo pure perché non vuole essere da meno, il terzo lo fa perché si sente con le spalle al muro e via così lungo tutta la fila. 


È così che l'altro giorno alla cassa di un supermercato, in un batter d'occhio mi sono ritrovato a sorpassare sette persone come un'autoambulanza in corsia d'emergenza. 
La prima della fila, una signora sugli ottant'anni vestita da festa, mi ha osservato per un po' prima di apostrofarmi con un:
"Dai, dai, passa che hai solo tre robe. Non starai mica lì fermo ad aspettare come uno scemo..."
La successiva:
"Sì sì dai, siamo sotto Pasqua d'altronde..." (sorriso tirato)
La terza:
(occhiataccia) "Prego, prego....tanto farai in fretta, spero..."

E avanti così. Arrivato alla cassa ho sentito su di me sguardi carichi di disprezzo.  

Morale della favola? D'ora in avanti, se vi chiedono di passare avanti al supermercato, non fatelo mai. A meno che non siate colti da attacco improvviso di pupù, o non vi piaccia essere tacciati come causa di tutti i mali.

venerdì 30 marzo 2012

In viaggio...le 5 domande che non ti aspetti sui binari del treno!


Cari lettori, non tutti di voi sapranno che viaggio spesso per lavoro e che sono costretto per lo più a farlo in treno. In questi ultimi due anni in giro per lo Stivale me ne sono capitate un po' di tutti i colori. Multe, ritardi biblici, vicini di posto rumorosi, bizzarre conoscenze e chi più ne ha più ne metta. Oggi però (sarà perché devo aspettare ancora un'ora il treno che mi riporterà a casa dalla stazione di Milano), ho deciso di scrivere un post sul tema.

Stilerò quindi una classifica delle 5 domande più assurde che le persone mi hanno rivolto mentre ero fermo al binario.

Immaginate quindi di trovarvi al mio posto. Un tizio si avvicina e vi chiede....

5) (vedere foto) 



Mi scusi, arriva qui il treno per Milano?
No, le destinazioni vengono scelte a caso, non faccia affidamento sui cartelloni. Se non vuole rischiare di finire a Lecce o a Firenze vada alla ricerca di Harry Potter, si rechi con lui al binario 9 e tre quarti e prenda il treno diretto a Hogwarts...Di sicuro farà scalo a Milano.

4) 
Mi scusi, va a Bologna anche lei?
Arriva qui il treno?
Non è gia passato vero!?
....Purtroppo sì, io ogni mattina mi reco in stazione, compro tutti i biglietti per tutti i treni diretti a Bologna, li aspetto al binario ma poi non ci salgo...

3) 
Mi scusi, devo andare a Rimini. È il treno giusto!?
Quindi ferma a Bologna, Rimini...e poi!?
Ancona...
Capito...a quale stazione di Rimini mi consiglia di scendere per andare a San Marino?
Le consiglio l'unica in cui il treno si ferma, ma può sempre optare per la discesa al volo, magari un po' prima o un po' dopo...

2)  

Buongiorno, lei per caso sa con che logica sono stati decisi i numeri di posto all'interno delle carrozze?
Penso con un logoritmo applicato a uno studio di funzione il cui risultato ha suggerito a Trenitalia di utilizzare una parte di numeri pari e una parte di numeri dispari.

1)  

Scusi...passa di qua il treno per Lecce?
C'è un punto preciso in cui si prende?
Sì, deve prendere un cavallo, aspettare che il treno parta e poi affiancarlo al galoppo e       saltare al momento giusto.

lunedì 26 marzo 2012

Comunicare? Con il silenzio si può...

Buongiorno cari lettori. Il post di oggi conferma che per comunicare qualcosa non necessariamente dobbiamo rivolgerci agli altri parlando o gesticolando. Molte volte il silenzio è la forma di comunicazione più esplicita. A seconda dei casi può significare tutto e il contrario di tutto. Sta a noi cercare di interpretare i sentimenti e gli stati d'animo di chi ci vuol comunicare qualcosa con il silenzio.
D'altronde, un maestro come Mogol scrive dei versi splendidi sull'argomento, in una commovente canzone dedicata all'amico e compianto Lucio Battisti e magistralmente interpretata da Adriano Celentano:

...e il mio discorso più bello e più denso
esprime con il silenzio il suo senso ...

(L'arcobaleno, 1999)

Con il silenzio, si "parla". Con il silenzio ci si esprime.

Esempio 1:
Provate a regalare alla vostra amata un bel diamante e non risparmiate sui carati. Il silenzio che seguirà alla consegna del prezioso gioiello (il più delle volte per il sesso femminile autentica ragione d'essere di un rapporto di coppia) comunicherà stupore, gioia irrefrenabile, estasi totale e incapacità di esprimersi diversamente.

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Esempio 2:
2 luglio 2000. Finale dei campionati europei di calcio tra Italia e Francia. Dopo il momentaneo vantaggio di Marco Delvecchio, pareggio di Wiltord e golden goal di Trezeguet ai tempi supplementari con missile terra-aria che si infila sotto la traversa dell'immobile Toldo. L'intera penisola ammutolisce. In questo caso sono la disperazione, l'angoscia e l'incredulità di una nazione a esprimersi con la devastante rumorosità del silenzio.

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Esempio 3: 
Entrate alle ore 11:30 in un ufficio postale, com'è successo a me qualche settimana fa. Premetto, non ho nulla contro gli impiegati alle Poste ma.....
Cosa comunica questo silenzio? Trattasi di silenzio assenso. Anzi, di silenzio...ASSENTE!

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giovedì 22 marzo 2012

L'importanza di chiamarsi...Alessandro! Stefano? Giacomo?...

Cari lettori,
in questo giovedì di inizio primavera voglio parlarvi di un errore di comunicazione molto comune. Uno di quelli che mette in imbarazzo in egual modo chi lo pratica e chi lo subisce. Vi è mai capitato che qualcuno si rivolga a voi chiamandovi con un nome diverso dal vostro? Ditemi un po'...come ci si sente? Rispondo io. La cosa è abbastanza fastidiosa. Sentirci appellare con un nome che non ci appartiene crea un disagio, diverso in base ai tipo di persona che abbiamo davanti. Se è una persona che conosciamo da tempo, il sentimento sarà ben diverso rispetto a una persona che si frequenta da poco. In ogni caso, la situazione creerà imbarazzo. 

Esempio pratico. 
Un mio negoziante di fiducia (si dice il peccato ma non il peccatore), dopo anni e anni di frequentazione, ha iniziato a chiamarmi Alessandro. Ora, esiste la probabilità, per quanto remota, che nel frattempo un tale Alessandro che mi assomiglia moltissimo abbia iniziato a girovagare per il negozio. Nonostante tutto, in questo caso specifico, la reazione più normale è quella di evidenziare l'errore, magari accompagnandolo con una bella risata. 
Ma come Alessandro!! Sono Gianluca! 
 Purtroppo la cosa è proseguita a distanza di un paio di settimane e poi ancora il mese successivo. Non è la fine del mondo, ma ti fa sentire...diverso da ciò che sei veramente. 

Attenzione, quindi, soprattutto nel mondo del lavoro. Ricordarsi il nome di una persona appena conosciuta è fondamentale per la buona continuazione del rapporto. Durante una riunione, non c'è errore peggiore di rivolgersi al proprio referente con frasi come "scusi, mi sono scordato come si chiama"  o "come accennava prima il signore di cui non ricordo bene il nome". Probabilmente la bilancia penderà già a vostro sfavore. D'altra parte, ricordarsi il nome di chi si ha davanti è utile e gratifica molto il vostro interlocutore. E non sto parlando solo dell'illustre amministratore delegato di una grande azienda, ma anche di una semplice segretaria o di un'addetta alla reception. Se vi siete presentati in passato, alla prima occasione dimostratele di avere buona memoria:  
Buongiorno Carla, ho appuntamento con il signor Rossi. Può verificare se può ricevermi?
Si sentirà importante e da quel giorno in poi la collaborazione ne trarrà beneficio. 

PS: inutile sottolineare che il consiglio vale anche e soprattutto per i rapporti affettivi. Se sbagliate il nome di vostra moglie o della vostra ultima fiamma, fa poca differenza. Preparatevi al peggio.
 
 
 

mercoledì 21 marzo 2012

Comunicando - La classifica: i 5 operatori di call center in cui è meglio non imbattersi! (pt.2)

Ecco la seconda parte. Se vi squilla il telefono, potrebbe essere uno di questi:

3) L'INDIANO/ IL CINESE DELLE GRANDI MULTINAZIONALI
Sempre più aziende, specialmente le multinazionali, delegano all'estero i servizi di call center, sia per l'assistenza che per le offerte commerciali. L'instancabile omino/donnina di origine cinese o indiana lavora strenuamente, come da contratto. Impossibile non riconoscerlo fin dal saluto iniziale: Buongiolno signole!  A differenza dei colleghi italiani, gli operatori dell'Estremo Oriente non si demoralizzano nè si lasciano intimidire. Sono autentiche macchine da battaglia, in grado di vomitarvi addosso una media di 50 informazioni al secondo.
CONSIGLIO: Autocontrollo. Cercate di essere gentili e provate a interrompere con educazione o la fastidiosa vocina vi lobotomizzerà il cervello. Se non ci riuscite, respirate e riattaccate. Sarà maleducato, ma funziona. Attenzione, l'operatore quasi sicuramente richiamerà. Continuate ad libitum.

2) IL SORDO
Ci stiamo avvicinando alla vetta. Questo operatore è purtroppo molto diffuso. La sua caratteristica è quella di non ascoltarvi mai e di continuare a parlare senza lasciare il minimo spazio a una vostra possibile replica. L'aumento della velocità, del tono e del volume della parlantina cresce vertiginosamente a ogni tentativo di interruzione. Se un amico, un parente o un familiare è al telefono e si comporta così, intervenite prontamente. Le probabilità che sia una vittima dell'operatore di categoria sordo sono elevatissime.
- Sì....no ma io non...ho cap...davver...non interes...scus...ho già...ho già...d'accordo ma...
CONSIGLIO: Se capite che la proposta commerciale non vi interessa, utilizzate la stessa tecnica dell'operatore. Tenete pronta una frase generica e sparatela velocemente e senza esitazioni, poi riattaccate! Funzionerà.

1) L'ARROGANTE
Attenzione signori. Il vincitore di questa hit parade è generalmente l'uomo/la donna più cafone/a che vi sia mai capitato di ascoltare al telefono. Comincia con tono professionale ma alla prima interruzione è colto da possessione diabolica. In un batter d'occhio abbatte la soglia della formalità e inizia a farsi gli affaracci vostri o a provocarvi con frasi del tipo "impossibile che lei non voglia risparmiare sulla bolletta del telefono", "ma si rende conto di che offerta le sto facendo" o "non capisco come faccia a continuare a buttare i suoi soldi così". Facile che la telefonata finisca con reciproci insulti.
CONSIGLIO: Vi riporto quello di mio padre. Fateli alterare (ci vuole poco, basta un "no"). Non appena iniziano le insinuazioni sulle possibilità di risparmiare (si tratta sempre di quello, alla fine), rispondete all'arroganza con arroganza:

- Non voglio risparmiare e non mi interessa buttar via i miei soldi e lo sa perché?
Garantito al limone, risponderà: - Perché?
- Perché sono miliardario...

Non sarete miliardari, ma vi assicuro che il silenzio che ne seguirà vi renderà miliardari dentro.

martedì 20 marzo 2012

Comunicando - La classifica: i 5 operatori di call center in cui è meglio non imbattersi! (pt.1)

Buongiorno fedeli lettori,
oggi ho il piacere di inaugurare una nuova rubrica. Tenterò, di tanto in tanto, di stilare una classifica dei modi più strani, imbarazzanti, divertenti o sbagliati di comunicare con gli altri. Lo farò stilando una graduatoria assolutamente personale (e quindi opinabile), che sarà sempre il risultato della mia esperienza personale diretta, al più contagiata da quella di amici, conoscenti e parenti. Iniziamo con:

I 5 OPERATORI DI CALL CENTER IN CUI È MEGLIO NON IMBATTERSI (pt.1)

5) IL PIAGNONE
Tipologia molto rara di operatore telefonico, tende quasi sempre ad assecondare i rimbrotti e i vostri eccessi di nervosismo (del tipo "sto mangiando", "in questo momento mi disturba" etc...) con fare pacato e apparentemente comprensivo. La sua arma migliore viene sfoderata all'improvviso e lascia di stucco. L'operatore si lamenta infatti del suo stesso lavoro e ricorre  a frasi ad effetto come: "Mi dispiace molto signore, l'ultimo dei miei pensieri era quello di crearle disagio".
A cui aggiunge, nei casi limite: "...ma se non lavoro non porto a casa la pagnotta neppure io. E glielo dice uno con moglie a carico, cinque figli, sei cani e due gatti da mantenere." 
CONSIGLIO: Non cedete mai! L'operatore, mettendosi dalla vostra parte, vi sta portando dalla sua.

4) IL FINTO TONTO/IL GIUDA
Due caratteristiche che contraddistinguono quasi sempre lo stesso operatore. Il finto tonto è un collega di un classico operatore che chiama a distanza di breve tempo e per la stessa azienda di servizi telefonici. Cade dalle nuvole quando gli viene rimproverato che l'azienda "x" ha già chiamato un paio di giorni prima. All'inizio si scusa, poi chiede cortesemente l'offerta del collega per abbassarla o addirittura contestarla, ergendosi a paladino delle tariffe chiare e senza fregature. Il lato iscariota dell'operatore vi colpirà veloce come un cobra reale.
CONSIGLIO: tagliate la testa al toro (e al cobra). Come anticipato anche al suo collega, avete appena cambiato piano telefonico. È l'antidoto migliore all'interlocutore più letale e sibilino del pianeta.



lunedì 19 marzo 2012

Comunicare con i gesti...Lezione 1: Il dito medio.

Salve a tutti.
Questa parte del blog sarà dedicata alla comunicazione gestuale, altresì defintiva come comunicazione non verbale. Esprimersi a gesti è una delle più importanti (se non addirittura la più importante) forma di comunicazione per far conoscere agli altri i nostri pensieri, le nostre emozioni, il nostro stato d'animo in un preciso momento. Non a caso il limite di una moderna conversazione tramite SMS e chat è proprio quello di non essere supportata dalla gestualità tipica della comunicazione face to face. La distanza tra questi moderni strumenti di comunicazione e le conversazioni "de visu" è stata parzialmente colmata dall'inserimento di elementi come gli emoticons e le gift animate, ma il "tu per tu" è ancora il modello relazionale che preferisco. Dalle espressioni e dall'atteggiamento non verbale di una persona che mi sta davanti posso intuire molte cose.

Esempio pratico. 
Ieri pomeriggio, mentre rientravo a casa da un pranzo in famiglia, un ciclista mi ha tagliato la strada incurante del segnale di STOP che lo obbligava a fermarsi e darmi la precedenza. Ho frenato e lo stridere delle ruote sull'asfalto ha indotto l'incauto velocipede a guardare verso di me. Sul suo volto, nessuna traccia evidente di terrore o imbarazzo. Mi sono attaccato al clacson (purtroppo quello della mia Toyota Yaris può al massimo fare concorrenza alle automobiline per bambini della Peg Perego). Il ciclista si è girato nuovamente, mi ha osservato con indifferenza, e ha alzato alto il dito medio della mano destra. Più chiaro di così...


Conclusioni: il dito medio è una forma primitiva di espressione non verbale. Comunica con eccessiva sfacciataggine il disappunto di chi lo utilizza. Viene sbandierato con fierezza soprattutto all'interno della rete stradale urbana ed extraurbana, ma anche allo stadio, senza differenze di età, sesso posizione sociale e religione.

Lazzaro! Alzati e...blogga!

Buongiorno a tutti. Ebbene sì, sono tornato! Molti di voi (in realtà nessuno) si saranno chiesti dove fossi finito in questo anno e mezzo di assenza dal blog. Non preoccupatevi, niente di grave. Solamente una forma acuta di "apatia dello scrittore", fenomeno che mi ha colpito all'improvviso e mi ha indotto a un antipatico letargo. Mi scuso, so che sto contravvenendo a una regola non scritta ma condivisa, che impone una frequenza giornaliera nella stesura dei post. Bloggare è una pratica quotidiana (cito la fantastica Luisa Carrada). Da oggi in poi ci impiegherò quel tempo che in quest'ultimo anno ho spesso dedicato ad altro. Sicuro che scrivere mi aiuterà a scrivere. Che esprimere mi aiuterà a esprimermi. Cosa scriverò e cosa esprimerò, questo non è dato a sapersi. 
È giunta l'ora. Lazzaro! Alzati e...blogga!